|
In questi ultimi anni le
parole "innovazione" e "conservazione" han conosciuto
una curiosa inversione semantica. Dopo il crollo del comunismo di stato,
l'insieme di valori e di prospettive che si collegano alla sua storia, sono
identificati con la conservazione.Qualcosa di vero in questa
identificazione, c'h. Il comunismo ha rappresentato, nel bene e nel male, un
progetto di trasformazione radicale interno all'orizzonte della
civiltà industriale.
E con la dissoluzione del modello industriale, e del suo paradigma
costitutivo la potenza interpretativa, analitica, progettuale, del comunismo
vien meno.Al tempo stesso il liberismo ipercapitalista appare come forza
innovativa. Ed in un certo senso di pur dire anche questo, in quanto h stato
il liberismo ad accelerare i processi di postindustrializzazione, e di
globalizzazione.Eppure c'h un abuso terminologico e concettuale, in tutto
questo.
L'accelerazione nel mutamento (scomposizione dei cicli produttivi di tipo
industriale, decomposizione del lavoro informazione, ricomposizione di un
ciclo globale del lavoro informatizzato) rende sempre piu inoperante il
paradigma epistemico- pratico del capitalismo. Il Capitale si h fatto codice
di ricodificazione dell'economia, e l'economia si h fatta codice di
ricodificazione della vita quotidiana, del sapere, dell'intelligenza. Questo
tipo di codice ha un funzionamento riduttivo, patologico. L'innovazione
tecnologica digitale secerne un universo che non pur esser codificato
secondo il paradigma meccanico-industriale, quantitativo e scambista.
Proprio là dove l'innovazione trova il suo motore, nel ciclo di
produzione creativa, le leggi dell'economia perdono significato. La
duplicazione illimitata dei prodotti della intelligenza umana rende
inoperante il concetto di proprietà. L'immateriale non si pur
appropriare: quando consumo un oggetto materiale nesuno potrà
consumarlo dopo di me; ma se consumo un bene immateriale duplicabile a costo
zero, allora non ha alcun senso consideerarlo oggetto di proprietà.
Quanto piu ricca h la capacità produttiva del lavoro tanto piu si
produce disoccupazione e miseria. La legge economica diviene un controsenso.
Eppure l'economia riafferma la sua legge, tanto piu dispoticamente quanto
piu immotivata h la sua pretesa.
L'anno piu felice
L'editoriale del numero annuale
dell'Economist The World in 1997, inizia con un'affermazione sconcertante:
"Il 1997 sarà un anno buono, un anno eccezionalmente buono. Tra
le tante benedizioni, il mondo sarà in pace."
(. . .)
Ma l'Economist ha le sue ragioni per sostenere che il 1997 h un anno
straordinariamente felice. Infatti, secondo i calcoli dei contabili della
autorevole rivista londinese, possiamo affermare che nel corso di
quest'anno il prodotto lordo globale dei paesi del mondo aumenterà
del 4%.
Alleluja.
C'h una morale da tirare da tutto questo? Certo che c'h una morale da tirare,
e la morale h semplice: il benessere la pace, la stessa sopravvivenza
dell'umanità divergono in maniera decisa, irreversibile e radicale
dal modello economico capitalistico.
Attenzione: ogni sacerdote del credo liberista vi spiegherà che le
cose stanno all'incontrario, e cioh se la gente si sgozza in Algeria ed in
Russia il tempo di vita medio diminuisce questo h dovuto proprio al fatto
che le regole del capitalismo non sono applicate in maniera purissima, come
insegnano i professori di Chicago. Oh yes.
Ma i professori di Chicago raccontano una favola fanatica: fingono che
esista un luogo semplice, purissimo, che sarebbe il mercato. Quando,
espunto ogni elemento di differenziazione, tutti gli uomini sono stati
trasformati (teoricamente) in numeri calcolabili statisticamente, la mano
invisbile di Adam Smith si mette a funzionare perfettamente, e
nell'autoregolazione degli innumerevoli egoismi economici, ecco
realizzarsi, magicamente, l'interesse ottimale dell'umanità.
Ma non esiste alcuna società pura, e la media degli egoismi h oggi
rappresentata dall'espansione inarrestabile della criminalità, della
corruzione, della violenza. Cosl che il massimo di liberismo produce
proprio il massimo di illibertà per il maggior numero (anzi, forse per
tutti) gli operatori economici, anche per quelli forti.
Per questo Immanuel Wallerstein, nel suo recente After Liberalism, pur
sostenere che, nonostante le apparenze, il liberismo h morto sul pianeta.
Il suo cadavere, perr, rischia di portare alla decomposizione il pianeta
stesso, ed i suoi abitanti.
Ecco qui i teorici della globalizzazione. Questi promettono un futuro
luminoso, se non proprio per tutti (non si pur pretendere l'impossibile)
almeno per una parte, poniamo, il cinque dieci per cento
dell'umanità. I teorici della globalizzazione e della excellence
(parola piu imbecille e cinica non potevano inventare) delineano un mondo
nel quale una minoranza di Ubermenschen, perennemente collegati tra loro in
una rete planetaria di decisori e managers, governa razionalmente quel che
vi h di governabile nel pianeta: la finanza, le direttrici di innovazione
tecnologica fondamentale, le interfacce tra potere economico e rete
tecnocomunicativa. Rosabeth Moss Kanter, in un libro ripugnante dal titolo
World Class sostiene che il mondo del futuro appartiene ai cosmopolitani.
E chi sono costoro?
"I cosmopolitani sono ricchi in tre beni intangibili, le tre 'C' che
si traducono in preminenza e potere in un'economia globale: Concetti - la
migliore conoscenza e le idee piu recenti. Competenza, cioh la
capacità di agire agli standard piu alti in ogni luog; e Connessioni,
le relazioni migliori, che forniscono l'accesso alle risorse degli altri,
ed alle organizzazione di tutto il mondo. Grazie al fatto che i
cosmopolitani portano i concetti migliori e piu recenti, grazie al fatto
che possiedono i piu alti livelli di competenza, e le connessioni
eccellenti, essi conquistano un'influenza sui locali."
Che idee brillanti, la signora Rosabeth Moss Kanter. Sembra Hitler.
Come non vedere che la teoria dell'eccellenza h una rivisitazione (un po'
bolsa, in verità) del superomismo nazista (che nulla a che fare con il
sublime disinteresse nietzschiano)?
Attenzione: io non sto affatto dicendo che la signorina Rosabeth Moss
Kanter, per quanto ripugnanti siano le sue idee, stia dicendo qualcosa di
insensato.
Tutt'al contrario: i Cosmopolitani dei quali parla costei esistono davvero.
Sono i connettori degli automatismi che il superorganismo biomeccanico
planetario sta sviluppando, dal momento in cui il processo di
digitalizzazione ha cominciato a dislocare il potere in una dimensione
virtuale, ed ha cominciato a modellare interfacce di controllo
tecno-sociale e tecno-linguistico.
Mondializzazione e globalizzazione
Alcuni, come Paul Hirst e
Grahame Thompson, hanno recentemente criticato le teorie della
globalizzazione dal punto di vista classico dell'economia. "La
globalizzazione h un mito accettabile pe un mondo senza illusioni, ma h un
mito che ci priva di ogni speranza." (Hirst, Thompson, La
globalizzazione dell'economia, Editori Riuniti, Roma, 1997, pag. 10).
Questo libro dimostra con una mole imponente e ben organizzati di dati, che
non si pur parlare della globalizzazione come un fenomeno nuovo, e che la
sua importanza h stata esagerata.
Gli scambi economici erano anzi piu integrati nel periodo storico che sta
tra il 1970 ed il 1914. Ma il discorso di Hirst e Thompson perde di vista il
carattere centrale della globalizzazione, che non riguarda ni
l'integrazione del mercato, ni la composizione del capitale, ma riguarda
essenzialmente la composizione del lavoro sociale.
Il centro della questione non h la formazione di imprese a capitale
multinazionale, o la circolazione finanziaria.
Il centro della questione h la mutazione molecolare del lavoro umano, e
dell'interazione produttiva a livello planetario.
Il lavoro semiotico, che costituisce la forma complessiva e l'elemento
fluidificante del sistema produttivo planetario, h lavoro
deterritorializzato, e la forma della Rete diviene la forma complessiva
della ricomposizione sociale planetaria del lavoro.
Nel passato parlavamo di divisione internazionale del lavoro, ma oggi
quell'espresione non ha piu significato, perchi assistiamo ad una forma di
integrazione di frammenti deterritorializzati e mobili di lavoro da parte
di una macchina reticolare.
Sempre piu spesso il lavoro si autorappresenta giuridicamente come lavoro
indipendente, come impresa. Ma in effetti il lavoro mentale h in ogni suo
frammento lavoro dipendente, perchi esso dipende dalla Rete, dipende dalla
connessione.
E' questo che sfugge ad un'impostazione di tipo puramente economico, perchi
il lavoro mentale h difficilmente riconducibile dentro le categorie
dell'analisi economica.
Cir di cui parlano Hirst e Thompson h un fenomeno vecchio, ben noto al
capitalismo dal sedicesimo secolo in poi: il mercato mondiale, la
mondializzazione dei mercati. Che differenza c'h tra mondializzazione e
globalizzazione? I due termini non definiscono la stessa cosa, lo stesso
processo. Il processo di mondializzazione h definito da un crescente
interscambio di merci tra diverse zone del pianeta, da una crescente
integrazione dei mercati, e di conseguenza degli stili di vita che osno
legati al consumo. Quote crescenti del prodotto nazionale dei paesi
produttori vengono consumate in aree geografiche distanti da quelle in cui
sono state prodotte. Il processo di globalizzazione comporta
un'integrazione dei cicli produttivi. Quote crescenti del prodotto sono il
risultato di un assemblaggio planetario, di un'integrazione orizzontale tra
diversi momenti del processo lavorativo (progettazione, manifattura di
semilavorati, assemblaggio e collaudo, styling, comercializzazione) che si
svolgono in zone diverse del pianeta.
Mentre il processo di mondializzazione comporta la mobilità delle
merci finite, il processo di globalizzazione comporta invece una vera e
propria deterritorializzazione del processo produttivo.
Nella fase che definiamo globalizzazione non vi h piu alcun rapporto tra
investimento finanziario e controllo sulla produzione. Chi investe i suoi
capitali h interessato a sapere come vanno le azioni della compagnia su cui
ha investito, ma non h tenuto neppure a sapere che merci produce quella
compagnia. Il divorzio tra valore di scambio e valore d'uso h definitivo.
La circolazione del valore diverge completamente dalla circolazione
materiale dei beni prodotti. Il bene che si scambia h, sempre di piu,
soltanto informazione.
E' evidente che questo passaggio che chiamiamo globalizzazione h reso
possibile dalla diffusione delle tecnologie di comunicazione e di
virtualizzazione: il processo di produzione h in buona parte
immaterializzato, cir che si produce sono informazioni. Generalmente, le
sezioni produttive in cui si devono manipolare materiali mobilitando
energie fisiche di tipo industriale classico sono collocate nei luoghi piu
periferici del sistema economico internazionale, laddove si pur far
lavorare manodopera a basso costo.
Questo processo che oggi viene a pieno dispiegamento h concettualizzato da
Felix Guattari in un saggio del 1981 dal titolo.Il capitalismo mondiale
integrato, recentemente riedito dalle edizioni Ombre corte.
Dopo aver analizzato il carattere puramente simulatorio della guerra
fredda, Guattari indica la sostanziale integrazione geopolitica ed
economica tra i due blocchi.
La premessa dell'analisi di Guattari h contenuta nelle prime parole del
libro: "il capitale non h una categoria astratta, ma un operatore
semiotico." Che vuol dire? Vuol dire che, mentre il processo lavorativo
si frammenta, si estende, si ricompone e scompone attraverso
deterritorializzazioni di ogni genere, il processo di valorizzazione integra
tutti i frammenti della produzione capitalistica non soltanto (non piu
soltanto) attraverso il funzionamento astratto della legge del valore, ma
attraverso l'azione concreta, diretta, delle tecnologie di trasporto
istantaneo dell'informazione. "Il valore marxista astratto
surcodificava l'insieme del lavoro umano concretamente dedicato alla
produzione di valori di scambio. Ma il movimento attuale del capitalismo
tende al punto in cui tutti i valori d'uso divengono dei valori di scambio
e tutto il lavoro produttivo dipende dal macchinismo. I poli dello scambio
stessi sono passati dalla parte del macchinismo, dal momento che i
calcolatori dialogano da un continente all'altro e dettano ai dirigenti le
clausole degli scambi. La produzione automatizzata ed informatizzata non
riceve piu la sua consistenza da un fattore umano di base, ma da unelemento
di continuità macchinico, che attraversa, contorna, disperde,
miniaturizza, recupera tutte le funzioni, tutte le attività
umane." (il capitalismo mondiale integrato, Verona, 1997) Quando
Guattari dice che il capitale h un operatore semiotico vuol dire
dunque che la pervasività del modello capitalistico non dipende piu
soltanto da un effetto di surcodifica astratta che si manifesta nel momento
dello scambio, ma dipende dall'integrazione tecnologicamente mediata dei
diversi momenti della lavorazione: momenti progettuali, tecno-scientifici,
informativi, materiali, e cosl via.
Guattari non si lascia minimamente distrarre dal gioco di simulazioni che
all'inizio degli anni Ottanta si sta svolgendo sulla scena mondiale, ma
punta diretto alla linea di lunga tendenza, e prefigura cosl il processo
che vediamo dispiegarsi negli anni Novanta:
a) imposizione (o piuttosto innervamento, penetrazione, proliferazione
invasiva) del modello capitalistico, inteso come operatore semiotico, come
regola di trans-codificazione generalizzata.
b) proliferazione dei margini, sia in forma di residui, riemergenze,
riterritorializzazioni (le ossessioni identitarie, i nazionalismi, gli
integralismi, i tribalismi), sia in forma di minoranze, autonomie,
deterritorializzazioni (le subculture, le comunità provvisorie, le
contaminazioni culturali).
Cablazione del destino umano e comunitarismo a venire
La globalizzazione h l'effetto di
un processo di integrazione di tecnologia, semiosi ed economia. L'economia
integra e surcodifica l'attività semiotica grazie alle tecnologie
elettroniche.
Il processo di globalizzazione appare come un fattore di cablazione del
destino umano collettivo. Non esiste piu la possibilità di
trasformare localmente la realtà, perchi le variabili fondamentali
della realtà sociale dipendono dal complesso gioco di interazioni
globali che si rivelano sempre piu indipendenti dalla volontà
politica.
Il discorso degli apologeti della globalizzazione h al tempo stesso
eticamente spietato e povero concettualmente.
Essi dicono che non ci si pur opporre alla globalizzazione perchi questa h
un effetto intrinseco alle nuove tecnologie (e questo h inconfutabile) e
dunque non ci si pur opporre neppure alle conseguenze sociali che questo
processo determina.
Il limite di questo punto di vita sta nel fatto che esso non riesce ad
immaginare la possibilità di emergenza di un nuovo paradigma, non piu
riducibile allo scambio economico.
Negli ultimi due anni una serie di lotte operaie nella Corea del Sud hanno
rotto il lungo patto di soggezione del nuovo proletariato estasiatico.
Probabilmente nei prossimi anni lotte esploderanno negli altri paesi,
compresa la Cina, che già h scossa da conflitti etnici e sociali.
Ma questo non produrrà una crisi del modello globalizzato, anzi
accelererà il processo di globalizzazione, di mentalizzazione e
cablazione dell'attività umana.
Non disponiamo di alcun modello per immaginare lungo quali linee si
svolgerà il processo di ricomposizione sociale del lavoro
mentalizzato. Non serve a questo scopo ni il modello sindacale
(contrattazione sul prezzo e sul tempo del lavoro prestato), ni il modello
politico di lotta per un cambiamento delle forme di rappresentanza.
Sia l'uno che l'altro sono vecchi arnesi che furono utili per la lotta
contro il dominio del capitalismo industriale. Ma adesso sono armi spuntate.
E' un'arma spuntata la contrattazione sindacale, perchi il rapporto tra
lavoro dipendente e capitale h diventato completamente astratto, fungibile,
frammentabile, ricomponibile.
Nel ciclo del lavoro mentalizzato non ci sono piu lavoratori, ma frammenti
di disponibilità al lavoro.
L'atomo di tempo di cui parlava Marx era un'astrazione. La storia del
divenire capitalistico si h incaricata di portare l'astrazione a
concretezza, come spesso accade per i concetti di Marx. Ora
quell'astrazione si h materializzata, perchi il sistema computerizzato
mondiale pur ricombinare frammenti di tempo umano dipendente, erogato in
luoghi diversi del pianeta, con modalità differenti ed in contesti
incomunicanti. L'unico canale di comunicazione tra i diversi frammenti del
lavoro planetario atomizzato h costituito dalla macchina computazionale di
ricombinazione.
Ed ancor piu spuntata h l'arma della lotta politica, del cambiamento di
rappresentanza, dal momento che la rappresentanza politica non governa piu
niente, nonostante il suo isterismo decisionista, perchi h sostituita dalle
interfacce tecnosociali e tecnolinguistiche capaci di modellare
efficacemente le relazioni sociali nella loro composizione materiale.
In questo senso possiamo dire che non ha piu significato la distinzione tra
destra e sinistra; perchi il ceto politico non decide la direzione di
marcia della società, ma si limita a ratificare la direzione impressa
alla società dagli automatismi tecno-sociali e tecno-linguistici.
La globalizzazione risulta dal processo di integrazione tra tecnologie e
semiosi. Il processo semiotico, lo scambio di segni che si svolge
ininterrottamente tra organismi coscienti viene ad essere governato da
automatismi, che si determinano nelle interfacce tecno-sociali e
tecno-linguistiche.
In questo senso possiamo dire che la globalizzazione h la cablazione del
destino umano, e la codificazione di questo destino nel linguaggio
dell'Economia capitalistica.
Gli apologeti della globalizzazione sono osceni e stupidi, ma la
globalizzazione, in si, non h stupida affatto.
Stupidi sono perr anche coloro che predicano la resistenza alla
globalizzazione, come se fosse possibile una difesa di nicchie
localistiche, o come se fosse auspicabile la reazione integralista e
tradizionalista contro l'omologazione culturale che la globalizzazione
comporterebbe.
La globalizzazione h l'orizzonte entro il quale si ridefiniscono i modi
dell'agire comunicativo. Oltre l'orizzonte della globalizzazione possiamo
immaginare secessioni di colonie autonome di cosmopolitani ribelli,
convergenza di lotte operaie locali e ribellione della sensibilità e
dell'intelligenza dei lavoratori delle alte tecnologie. Di questo
comunitarismo abbiamo bisogno: formazione di comunità di pirati
telematici, di sabotatori subliminali, di saggi capaci di scollegarsi dal
mondo esistente, capaci di produrre mondi proliferanti e secessivi.
Massiccia diserzione dalle leggi, dal lavoro, dalle guerre, dalle
appartenenze, dalle obbedienze e dalle responsabilità. Questo h il
comunitarismo che si prepara.
Franco
"Bifo" Berardi
<zurück zur deutschen Übersetzung>
|